mercoledì 9 aprile 2008

AL PASSO DELLA MARTORA

Forcella del Piz di Sagron II

(Al passo della Martora)


Saliamo con le pelli; il mio amico ALE ed io, in direzione del Sasso largo. Fuori dal bosco, dove d’estate i grossi pietroni di un recente distacco rendono la via piuttosto sinuosa ed irregolare, si procede ora beatamente su una superficie ondulata di neve dura ed appena spolverata di fresco nevischio, morbido e piacevole.
Tagliando il pendio -come consueto per lo scialpinista- ora a destra ed ora a sinistra, ALE mi chiede che cosa siano quelle impronte, che taglio dopo taglio incrociano la nostra direttrice. Sagome di zampette, appaiate ma tra loro sfalsate
e posizionate ad oltre un metro le une dalle altre: Martora! In corsa.
Dopo qualche “forbita” spiegazione sulla presunta enormità dei balzi della martora, indirizziamo le punte degli sci verso la forcella del Piz, aggrappati alle lamine che ci sostengono (quasi) perfettamente sui pendii veramente induriti dal freddo notturno.

Dopo alcuni impegnativi traversi ci troviamo sulla direttrice del canalone che conduce alla forcella. Dapprima, la base del canalone, ampia e regolare permette di manovrare con tranquillità mentre imperversa uno strano nevischio che a tratti si placa; rassicurante. La forcella a tratti si staglia contro un cielo chiaro o addirittura sereno, alle volte scompare, confusa, nella nebbia.
Man mano che si sale lo spazio di manovra si fa sempre più ridotto e ci troviamo a condividerlo (nuovamente)…..con la Martora!

Quel velo di neve fresca tradisce i segreti degli abitanti del monte e ne approfittiamo, noi umani dai sensi poco sviluppati, per cercare di capire come gli animali gestiscano il territorio e la loro esistenza.
Ma la più palese delle dimostrazioni pratiche non può che destare sconforto se scopriamo che l’animale non va facendo quello che noi ci aspetteremo facesse. Si, perché transitare e percorrere per tutta la sua lunghezza un canale sterilizzato di neve e roccia, per motivi diversi dal semplice divertimento o dalla ricerca di vanagloria – pulsioni certamente non condivisibili con la Martora- risulta per noi quantomeno inspiegabile.





Ad un certo punto il pendio s’è fatto talmente ripido e la neve poco stabile che abbiamo tolto gli sci per procedere a piedi; e la Martora sempre avanti a noi! Una pisciatina qua, una giravolta là, un passaggio a raso di una roccia e poi via ancora puntando sempre verso l’alto senza zavorre laminate e ridicole calzature.



2 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao vecio gipeto,
leggo con piacere che non lasci arrugginire le lamine degli "asoti".

Roberto

ps
i piani eterni ghei ancora o ei vegnudi zo?...

Anonimo ha detto...

Bel "giretto" :)
Quando tornerai tra i sudditi del Piz, salutami le tue crode omonime,di cui conservo un bellissimo ricordo.
Un saluto
Paolo