giovedì 22 ottobre 2009

PERE E BRUGNE

DUE SAGRE ALLO SPECCHIO

SAGRON E RONCO festeggiano l'otto settembre il Santo patrono;
COME SIMBOLISMO l'uno le PERE l'altro le BRUGNE accomunate quest'anno da una sorta di gemellaggio a distanza all'insegna delle ricette per la conservazione dei due frutti.
A SAGRON una esposizione di PERE DELLE VARIETA' ANTICHE ed un MERCATINO DI FRUTTA ha accompagnato la consueta festa a base di piatti tipici, danze e formiche...
A RONCO un LABORATORIO per la conservazione delle "Brugne".
Il tutto con la collaborazione della condotta SLOW FOOD feltrino
e Primiero e dell'Associazione "Laboratorio Sagron Mis".


LA SAGRA DE SAGRON

Non è noto l’anno preciso nel
quale abbia avuto inizio
questa ricorrenza, di certo
però quel frutto, parte integrante
del suo nome, la colloca
nella grande costellazione
delle sagre che la cultura popolare
ha votato ai prodotti
della terra.
Otto di settembre, ricorrenza
della Natività della Madonna.
In passato, qualunque
fosse il giorno della settimana
in cui cadesse, la Comunità si
fermava per festeggiare.
In piazza, già dal mattino, si
radunava un mercatino dove
i venditori proponevano
sapone e profumi tra i quali
ancora si ricorda le Mille e
una notte e, a fine Settecento,
tabacco e minestra di riso e
latte. Da Gosaldo e dintorni
arrivavano con le gerle ricolme
i venditori di Pére.
Anch’essi allestivano il loro
mercato in piazza.
Si può immaginare una polìcroma
spianata di Pére tutte
diverse; Pér Mathùch, Pér
Bótiro, Pér Piómbìn, Testa de
Regùth, Pér de la Regina.
Tutte diverse nell’aspetto,
nella consistenza, nel sapore.


LA SAGRA DE RONCO

La Sagra dele Brugne a Ronco
Una lapide sulla facciata dell’antica
chiesa di Ronco ricorda la data di costruzione
1763, il nome del benefattore Marco De Marchi
e la dedica alla Madonna di Monteberico che, a
sua volta, rinvia a quella di Caravaggio.
I festeggiamenti si svolgono però l’8
settembre, giorno in cui la Chiesa ricorda la
Natività di Maria
E la festa, è detta popolarmente Sagra
dele Brugne. Il perché non è dato sapere. La
spiegazione più semplice sembra la prospertà
delle brugnère coltivate sulle rive de Ronc.
Anche se, di fatto, solo di rado le prugne son
già mature all’epoca della sagra...
Di certo, le prugne, frutto araldico di
Ronco, non sono molto serbevoli.
Perciò, in occasione della loro festa,
vogliamo proporvi delle ricette, alcune antiche
altre meno, per prolungare la loro dolcezza fin
dentro l’inverno che settembre già annuncia.


IMMAGINI DA SAGRON


PROCESSIONE A SAGRON ANNO 1939
PROCESSIONE A SAGRON ANNO 2009...

PER E PIZ

PER DE STUER E PIZ DE SAGRON


PER A STUER


MERCATINO ED ESPOSIZIONE DI PERE DELLE VARIETA' "ANTICHE"


ESPOSIZIONE


ESPOSIZIONE DI PERE E CESTE HANDMADE IN SAGRON


POLICROMIA

ASSISTITI DALL'ALTO, ANCHE DA UN CIELO IMMACOLATO...
POLICROMIE COMODAMENTE ADAGIATE

venerdì 16 ottobre 2009

FAGHÈR faggio Fagus selvatica L.






Nel nostro “LOCALE immaginario collettivo” vi è un albero che è L’ALBERO, quasi che a meglio classificarlo si rischia di confondere le idee e scambiarlo per qualcun’altro.

E’ un albero che più di ogni altro segna il paesaggio, disegna le stagioni e con esse il trascorrere del tempo come presunzione dell’essere secolare, come presunzione del divenire secolare.

E’ per noi innanzitutto QUERCIA, poi SALICE PIANGENTE, ARAUCARIA, MUSCHIO vellutato, angolo di un GIARDINIO GIAPPONESE.
E’ indizio che SEGNA la VIA.
E’ MULL D’ANELLIDI, LEGNO D’OPERA, MONGOLFIERA D’AUTUNNO, OGGETTO DEL DESIDERIO del legnaiolo.
E’ un ARABESCO INTARSIO del bosco, è come MORBIDA SCHIUMA tra aghi pungenti di conifera.

Tutto ciò, e molto altro ancora è il FAGGIO;
il FAGGIO è la nostra QUERCIA.

Con la Quercia condivide la Famiglia d’appartenenza ma non nel nostro caso l’ambiente. Per struttura e blasone sullo stesso piano, identificano con la loro voluminosa chioma luoghi diversi. La Quercia a nord e a sud delle Alpi sui colli più distanti dai rilievi montuosi. Il Faggio, come la Quercia ma a penetrare le valli fino a toccarne i rilievi. In qualche parte d’Italia si sfiorano, alle volte si toccano.

A girovagare tra i boschi, li dove l’uomo più li ha frequentati, si incontrano




STRANI FAGGI
mai isolati ma normalmente a gruppi, l’aspetto strano, quasi inquietante simili a gargoil di un monumento gotico.
Di solito questa pianta nei nostri ambienti cresce eretta, liscia ed i rami partono regolari a metà della sua altezza.

Questi strani faggi invece si presentano deformi, smisuratamente ingrossati, contorti, spesso con ampie incisioni che si spingono fino al midollo, dove il marciume scava profondi vuoti.
Grosse scaglie di legno secco sporgono ogni tanto, intercalate a lembi di
scorza tenace, pieghettata e grezza, di pachiderma.
Cespi di FELCE DOLCE colonizzano volentieri le sue insenature umide, così come i muschi si propagano uniformi.
Più che Faggi sembrano supporti artificiosi per l’insediarsi di altre entità botaniche ed insetti.
Sono l’effetto delle antiche capitozzature; quella forma di trattamento dei polloni ricacciati dalla pianta e sistematicamente utilizzati dall’uomo. La crescita longitudinale del fusto veniva così interdetta e stimolata invece quella diametrale.

Il risultato attuale è quindi quello di un improbabile cilindro, dall’aspetto grottesco, guarnito di
esili rami/fusto che riguadagnano la libertà di una fuga verso l’alto.

Soffermarsi ad esplorare questi eunuchi del bosco significa spalmare le pupille tra marciumi e disseccamenti, onde legnose e lignina traforata, verdi brillanti e venature di legno screziate dei colori della terra, tra corpi di mostri dalle fauci spalancate e teste di ippopotamo.

Un’esperienza da bosco, o da
Funghi psicotropi